IL REFLUSSO GASTROESOFAGEO

Per reflusso gastroesofageo si intende quella condizione.molto comune, in cui il contenuto dello stomaco risale in esofago.

Una piccola quota di reflusso, liquido e gassoso, lo si può avere anche in condizioni normali, soprattutto dopo i pasti. Nei soggetti sani si possono avere in media 1-4 episodi/ora durante le tre ore successive al pasto.

Si tratta di un reflusso poco acido, breve, e poco avvertito proprio in quanto poco acido.

Quando, al contrario, il fenomeno diventa più frequente o si accompagna a sintomi, allora si hanno di disturbi e si parla di “malattia da reflusso gastroesofageo” (MRGE).

Chi colpisce

Il reflusso gastroesofageo ha uguale prevalenza sia nel sesso maschile che in quello femminile e si manifesta preferenzialmente attorno ai 30 – 50 anni. Nel nostro Paese questa malattia colpisce una persona su 3; nel mondo occidentale incide sul 40 % della popolazione. La probabilità di comparsa del reflusso aumenta con l’aumentare dell’età; è molto comune anche nelle donne in gravidanza e nei neonati.

Le cause

L’esofago ha alle sue estremità, prossimale e distale, due “valvole” (sfinteri) che si aprono al passaggio del bolo, mentre esternamente è avvolto da una tunica muscolare che si contrae e si rilascia ritmicamente (peristalsi) e che facilita il movimento del cibo verso lo stomaco.

Se la valvola inferiore (sfintere esofageo inferiore) si rilascia quando non dovrebbe (rilasciamenti inappropriati) si può avere reflusso gastroesofageo.

Anche la scarsa motilità dell’esofago, che non consente di rimuovere velocemente il liquido refluito,rientra nel meccanismo patogenetico del reflusso.

Il materiale refluito in esofago è in gran parte composto da acido cloridrico, ma a volte può associarsi alla bile di provenienza duodenale.

A volte alla base del reflusso vi è un’ernia iatale (foto) che è uno scivolamento dello stomaco in torace attraverso il diaframma.

Va però detto che non sempre la MRGE è causata da un’ernia iatale così come non sempre l’ernia iatale è accompagnata da MRGE.

Altri fattori che possono favorire in modo diverso il reflusso gastroesofageo sono:

  • Predisposizione familiare e genetica
  • Sovrappeso ed obesità, in particolare la deposizione di grasso al “giro-vita”, ovvero alla circonferenza addominale
  • Diabete mellito (a causa del rallentato svuotamento gastrico)
  • Fumo. Il fumo favorisce il reflusso con un chiaro effetto-dose: chi ha fumato più di 20 anni ha un rischio del 70% rispetto ai non fumatori
  • Gravidanza : il feto aumentando di volume aumenta la pressione addominale e va a comprimere direttamente lo stomaco.
  • Dieta alimentare squilibrata e scorretta: Cibi con grassi animali che rallentano lo svuotamento gastrico. Pasti abbondanti prima di coricarsi. Abuso di alcol, caffe, tè, cioccolato, menta, bevande fortemente acide.
  • Farmaci che infiammano l’esofago,come gli antiinfiammatori non steroidei (FANS), Sali di ferro, di potassio; farmaci che favoriscono l’apertura dello sfintere esofageo inferiore come alcuni ipertensivi, ossia beta-bloccanti e calcio antagonisti; farmaci contro l’ansia e l’insonnia come le benzodiazepine; i broncodilatatori a lunga durata (LABA) usati per asma e bronchite cronica; la terapia ormonale sostitutiva estro progestinica in menopausa.
  • Abitudini di vita. Impiego di cinture e abiti troppo stretti. Sport che richiedono sforzi in inspirazione “bloccata” (come il sollevamento pesi).

Sintomi

I sintomi più frequenti del reflusso gastroesofageo, definiti “tipici”, sono il bruciore (o pirosi) e il rigurgito acido. Il bruciore è riferito alla parte alta dell’addome (anatomicamente definita “epigastrio” e comunemente chiamata “bocca dello stomaco”) ed a livello restrosternale. Il bruciore, che si può accompagnare a scialorrea (aumentata secrezione salivare), si manifesta tipicamente nelle ore dopo i pasti, ma può presentarsi anche di notte quando il paziente è supino. Altre volte tale disturbo può esssere accusato come “dolore” che fa subito pensare ad una causa cardiaca.

In alcuni soggetti, soprattutto nei soggetti anziani, può essere presente una sintomatologia non specifica, solitamente riferita come “cattiva digestione” (dolore-fastidio-tensione nella parte alta dell’addome, sazietà precoce, senso di ripienezza dopo mangiato, nausea, vomito), definita con il termine medico di dispepsia.

Poiché il reflusso può anche superare la valvola superiore dell’esofago (sfintere esofageo superiore) ed interessare faringe, laringe, polmoni ne consegue la possibilità di una sintomatologia extraesofagea. I sintomi extraesofagei, definiti “atipici”, possono essere:

– faringite (mal di gola ricorrente); laringite cronica ed altre affezioni delle corde vocali o delle aritenoidi (polipi, granulomi, ecc.); sensazione di nodo alla gola (sensazione di corpo estraneo e di contrazione alla gola); bronchiti croniche ed asma bronchiale; patologie del naso e del rinofaringe; russamento abituale ed apnee notturne; laringospasmo; dolore toracico non cardiaco; alitosi; erosione dello smalto dentario.

In assenza di sintomi tipici è difficile, a volte, associare tali disturbi al reflusso gastroesofageo e per tale motivo i pazienti non si rivolgono allo specialista per cui la diagnosi è spesso tardiva.

Diagnosi

La diagnosi della malattia da reflusso è prevalentemente clinica basandosi sulla presenza dei sintomi tipici (pirosi e/o rigurgito) e dopo aver escluso altre patologie con sintomi simili. Sono disponibili comunque alcuni esami specifici per la diagnosi di reflusso gastro esofageo che il medico specialista indicherà per la conferma della diagnosi o per lo studio delle complicanze.

L’esofago-gastro-duodenoscopia. L’esplorazione endoscopica ci consente di valutare lo stato della mucosa esofagea (erosioni, ulcere) ed eventuali complicanze (stenosi, Barrett). Le biopsie possono essere utili per definire le caratteristiche del Barrett, ma anche per escludere altre forme di malattia esofagea (esofagite eosinofila, ad esempio). Raramente è possibile riscontrare un pemfigoide dell’esofago che può simulare un’esofagite da reflusso (con erosioni e fibrina). La gastroscopia, ovviamente, è l’esame che tutti i pazienti devono assolutamente effettuare prima di una eventuale valutazione di correzione chirurgica del reflusso.

La manometria esofagea stazionaria: studia la peristalsi esofagea, valutando ampiezza durata e coordinazione delle onde motorie esofagee allo stimolo deglutitivo. Valuta inoltre la capacità di rilasciamento riflesso dello sfintere esofageo inferiore. È una metodica fondamentale per escludere patologie motorie dell’esofago, quali l’acalasia e la sclerodermia che possono a volte simulare un reflusso e che costituiscono delle controindicazioni ad una gestione chirurgica del reflusso.

La pH-impedenzometria esofagea/24 ore (pH-IIM 24): valuta in modo dinamico nelle 24 ore sia la composizione (acida e non acida) che la natura del reflusso gastroesofageo (gassoso, liquido, misto). E’ una nuova metodica che ha progressivamente sostituito la pH-metria esofagea/ 24 ore, nella diagnostica del reflusso, divenendone il nuovo gold standard migliorando sensibilmente l’entità del reflusso, la correlazione tra reflusso e sintomatologia, e l’estensione del refluito in esofago prossimale. Per questo ultimo aspetto è di capitale importanza in tutte le manifestazioni atipiche del reflusso, in particolar modo nella sintomatologia polmonare e otorinolaringoiatra da possibile eziologia gastro-esofagea. Permette inoltre di identificare quei pazienti con una cosiddetta ipersensibilità esofagea all’acido. Sono soggetti cioè con un reflusso in esofago ancora nei limiti di normalità ma con un’eccellente corrispondenza tra sintomi e refluito. L’identificazione di questo tipo di soggetti ne consente un miglior approccio terapeutico e gestionale.

La radiografia con bario può essere utile per valutare lo stato anatomico esofago-gastrico soprattutto nelle grosse ernie. Tale esame viene richiesto soprattutto in previsione di un intervento chirurgico.

La terapia

Alimentazione e stile di vita

La prima “terapia” è la corretta alimentazione e un adeguato stile di vita che, in caso di un reflusso di lieve entità, possono di per sé essere sufficienti. Mentre nei casi più gravi della malattia, oltre che le regole alimentari, solo un’adeguata terapia anti-secretiva può consentire un’efficace controllo dei sintomi e la cura delle lesioni. Ad ogni modo, le norme alimentari costituiscono delle regole che il paziente dovrebbe seguire.

E’ importante, come prima regola, il “modo” di mangiare che significa evitare di mangiare in fretta mentre è bene masticare lentamente. Infatti, la prima tappa della digestione, avviene in bocca perché la saliva contiene una sostanza l’ amilasi salivare (prodotta dalle ghiandole salivari ) che opera la digestione dell’ amido; inoltre la triturazione e lo sminuzzamento del cibo facilita l’ attività gastrica di digestione ed assorbimento dei principi nutritivi.  Per quanto concerne i cibi bisogna tenere conto che un reflusso più intenso può essere causato da determinati cibi che possono stimolare la secrezione gastrica, rallentare lo svuotamento gastrico o anche ridurre il tono della valvola tra esofago e stomaco.

Il latte può essere consumato in quanto, essendo un cibo alcalino, neutralizza l’acidità del reflusso. Da preferire però il latte scremato poiché il latte intero è ricco di grassi, proteine e calcio che aumentano l’acidità gastrica e rallentano lo svuotamento dello stomaco. Quindi, dopo un immediato beneficio si ha una veloce ricomparsa dei sintomi. Lo Yogurt va bene ma, anche per questo alimento, ricordarsi di preferire sempre quelli a basso contenuto di grassi.

Evitare le carni grasse (maiale) e quelle affumicate ed evitare gli insaccati , mentre vanno bene tutti i tipi di pesce (sia fresco che surgelato). Evitare le uova sode o fritte e preferire quelle alla coque.

A rischio i formaggi molto grassi o fermentati (gorgonzola, taleggio, mascarpone e brie) perché rallentano lo svuotamento gastrico, mentre sono più adatti quelli freschi (come ricotta o mozzarella).

E’ bene evitare (o non esagerare) con la frutta acidula come agrumi, limoni, mandarini, arance, cedro, melograno, ribes e ananas. mentre si possono tranquillamente mangiare mele, more, lamponi, meloni, banane, pere, pesche

Per quanto concerne il “bere” sono da evitare assolutamente i superalcolici, a digiuno. No al vino bianco, meglio un bicchiere di rosso. Limitare l’uso di thè, caffè, bibite gassate, bibite contenenti caffeina, succhi di frutta (arancio, pompelmo, limone, ananas, pomodoro). La menta è “da evitare” perché sembra ridurre il tono della valvola tra stomaco ed esofago. Attenzione, infine, a non assumere bevande troppo calde (the, caffè, tisane, ecc.)

Non esagerare con dolci soprattutto con quelli farciti con creme o cioccolato. Il cioccolato, anche se buonissimo, ha l’effetto di ridurre il tono della valvola esofago-gastrica.

 Evitare l’uso di spezie (cannella, noce moscata e curry) ed evitare fritti soffrittiPreferire sempre cotture leggere, scegliere quindi una cottura alla griglia e ottima la bollitura e le cotture saltate.

 Regole comportamentali

  1. mantenere il proprio peso forma perchè i chili in eccesso peggiorano i sintomi della malattia ed aumentano la pressione addominale (e, quindi, il reflusso)
  2.  ridurre lo stress e le tensioni che la vita giornaliera comporta;
  3.  non saltare mai i pasti, ma questi devono essere non abbondanti e frequenti.
  4. smettere di fumare: la nicotina ha un effetto ipotonico sul cardias, determina una ipersecrezione di acido cloridrico e riduce la produzione di bicarbonato che ha lo scopo di proteggere la mucosa gastrica dall’ azione corrosiva del succo gastrico.
  5. bere tanta acqua in modo da diluire gli acidi rendendoli meno efficaci.
  6. evitare dopo il pasto di assumere posizioni, come il distendersi sul divano, che agevolano il reflusso, mentre una buona passeggiata facilita il processo di digestione

Terapia chirurgica

Il numero degli interventi chirurgici per controllare il reflusso gastroesofageo è in netta diminuizione a livello mondiale grazie all’efficacia dei potenti farmaci disponibili che inibiscono la secrezione gastrica. Pur tuttavia ci sono delle condizioni in cui, a torto o a ragione, il paziente (o lo stesso medico) vorrebbe valutare la soluzione chirurgica. Vediamo quali sono le situazioni in cui maggiormente viene richiesta una valutazione chirurgica.

  • Giovani pazienti sotto i 40 anni che rispondono bene alla terapia medica, ma che non sono disponibili, considerando la loro giovane età, ad assumere “a vita” il farmaco. Sono i candidati ideali per l’intervento chirurgico.
  • Pazienti che non rispondono alla terapia medica. E’ la categoria che meno si può giovare di un trattamento chirurgico. Infatti, molto spesso in tali pazienti i sintomi non sono attribuibili al reflusso, mentre entrano in gioco altre cause: cardiache respiratore muscoloscheletriche, intestino irritabile, altri disturbi della motilità gastrointestinale, ecc.. Si tratta dunque di pazienti che devono essere correttamente studiati altrimenti il fallimento chirurgico è scontato.
  • Pazienti intolleranti alla terapia antireflusso (IPP). Alcuni pazienti possono essere intolleranti (per reazioni avverse del farmaco), in modo parziale o totale agli IPP. Ovviamente, prima di optare per l’intervento chirurgico, bisogna escludere che non ci siano eventuali patologie concomitanti che possano in qualche modo simulare i sintomi della malattia da reflusso (vedi situazione precedente). In alcuni soggetti, inoltre, c’è un mancato o ridotto assorbimento del farmaco per cui è inutile continuare a cambiare molecola.
  • Pazienti con rigurgito persistente. Gli IPP sono in grado di controllare l’acidità gastrica, ma non il rigurgito. Può succedere quindi che alcuni soggetti riescano con gli IPP a controllare i sintomi da reflusso (pirosi, dolore retro sternale, ecc.) ma non il rigurgito che può essere persistente ed invalidante. Tale condizione trova corretta indicazione alla chirurgia.
  • Pazienti con complicanze respiratorie. Un reflusso che superi lo sfintere esofageo superiore può dar luogo ad un’importante sintomatologia laringea e polmonare (laringiti, tosse cronica, asma, focolai broncopolmonari, ecc.) e non sempre la terapia con IPP risulta efficace. Prima di pensare alla soluzione chirurgica bisogna che gil specialisti del settore escludino delle reali affezioni bronco-polmonari (responsabili della sintomatologia). E’ importante, inoltre, avere la conferma del reflusso “alto” dagli accertamenti strumentali mirati (pH-impedenzometria esofagea)
  • Pazienti con complicanze della malattia da reflusso. Le complicanze che meritano di essere valutate per una soluzione chirurgica sono le stenosi e l’esofago di Barrett. Le stenosi esofagee sono sempre meno frequenti e sono legate ad inefficacia della terapia medica o ad un trattamento non idoneo Prima di decidere per l’intervento chirurgico, bisogna escludere altre possibili cause (motilità esofagea compromessa, come nell’acalasia e nella sclerodermia). Per quanto concerne l’esofago di Barrett, bisogna precisare che la semplice presenza di tale patologia non è un’indicazione alla chirurgia (nell’ottica di prevenzione del cancro dell’esofago), ma tale decisione deve essere presa al fine di correggere il reflusso allorquando il paziente rientra in una delle categorie precedentemente elencate (giovane età, intollerante alla terapia, rigurgiti, ecc.). Ovviamente, l’indicazione chirurgica diventa assoluta in presenza di un esofago di Barrett complicato dal cancro invasivo (ma non per sottoporre il paziente ad una fundopliucatio).

Quanto riferito deve suggerire particolare cautela nel porre l’indicazione alla chirurgia che deve basarsi soprattutto su uno studio adeguato per provare che i sintomi riferiti dal paziente siano effettivamente attribuibili al reflusso. Questo perché l’intervento chirurgico non è esente da rischi o da insuccessi. Inoltre, alcuni pazienti non traggono alcun beneficio altri, invece, non riescono ad abbandonare completamente la terapia medica dovendo far ricorso agli IPP, sebbene in dosi ridotte. Altri infine sono soggetti alle complicanze proprie dell’intervento chirurgico. In definitiva, gli insuccessi della terapia chirurgica sono spesso legati ad una non corretta valutazione della sindrome da reflusso.

In che cosa consiste l’intervento chirurgico

L’intervento chirurgico mira a correggere lo sfintere esofageo ossia quella valvola deputata a regolare il passaggio del cibo nello stomaco e ad evitare i reflussi patologici delle secrezioni gastriche in esofago. L’intervento maggiormente seguito è la “Fundoplicatio secondo Nissen” che consiste nel riportare stomaco e cardias in addome, chiudere la breccia erniaria dello diaframma e confezionare una plastica antireflusso a 360° che prevede una porzione di stomaco posizionato “a cravatta” intorno all’esofago (foto).

Intervento di plastica antireflusso: Fundoplicatio Totale

Tale intervento viene attuato con una tecnica mini-invasiva (video laparoscopia) basata sull’inserimento di microtelecamere e speciali strumenti chirurgici attraverso alcune piccole incisioni effettuate sull’addome. Con tale intervento la degenza post-operatoria generalmente non supera le 48-72 ore e nel giro di una settimana il paziente può riprendere le normali attività, mantenendo una dieta morbida per 20-30 giorni ed astenendosi dai lavori pesanti per almeno 2 mesi dopo l’intervento.

 

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