Liste d’attesa sanità, il “decretino” di Meloni stanzia solo 300 milioni
L’annuncio del decreto legge sulle liste d’attesa sanitarie, di martedì 4 giugno, si prefigura come un “decretino” privo di finanziamenti significativi, una misura che appare più come un tentativo di tamponare una ferita aperta che una vera e propria soluzione strutturale. La realtà è che, dietro la facciata di nuove proposte, si nasconde la mancanza di risorse reali per affrontare un problema cronico del sistema sanitario italiano, ossia le interminabili liste d’attesa che penalizzano i cittadini, costretti a sopportare ritardi inaccettabili per visite ed esami.
Le misure previste dal decreto sembrano più simboliche che risolutive: l’introduzione delle visite e degli esami durante il fine settimana nelle strutture pubbliche è un segnale di buona volontà, ma senza un adeguato supporto finanziario, rischia di rimanere un provvedimento vuoto. Più che una riforma concreta, sembra una mossa disperata per salvare la faccia del ministro della Salute, Orazio Schillaci, e della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Quest’ultima, nonostante il suo coinvolgimento diretto, ha dovuto fare i conti con il veto del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il quale ha messo a disposizione soltanto 300 milioni di euro, una cifra del tutto insufficiente per affrontare seriamente il problema. Infatti, secondo stime attendibili, ne servirebbero almeno il doppio, se non il quadruplo.
A rincarare la dose ci sono anche le proteste dei medici, rappresentati da Pierino Di Silverio, leader dell’Anaao Assomed, il principale sindacato dei medici ospedalieri. Le sue parole non lasciano spazio a interpretazioni: trasformare il decreto in un disegno di legge, che seguirà il lungo iter parlamentare, sarebbe uno schiaffo alla coerenza politica e un segnale inequivocabile che la sanità pubblica non rappresenta una priorità per questo governo. Di Silverio sottolinea un altro punto critico: i fondi destinati al privato accreditato, una mossa che, secondo lui, dimostra una mancata comprensione dei problemi reali del Servizio sanitario nazionale. Le risorse, in effetti, dovrebbero essere investite principalmente nel personale medico, che costituisce la vera colonna portante del sistema, piuttosto che disperdersi in operazioni elettorali.
In conclusione, questo decretino non risolve affatto il nodo cruciale delle liste d’attesa. Anzi, potrebbe trasformarsi in un boomerang politico, visto il malcontento crescente tra gli operatori del settore sanitario e i cittadini che si aspettano soluzioni concrete, non semplici palliativi.
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